Nuova IMU 2020

La legge di Bilancio 2020 ha provveduto, da un lato, a istituire la nuova Imu, dall’altro, a sopprimere la Iuc, nelle sue componenti dell’Imu e della Tasi, lasciando così in vita la sola Tari. La ratio di questo intervento legislativo appare largamente condivisibile: eliminare una ingiustificata duplicazione di tributi sulla medesima base imponibile, foriera di inutili complicazioni. Il riferimento è alla Tasi, l’imposta sui servizi indivisibili istituita con la legge 147/2013 al solo sopo di sostituire il gettito perduto con l’esenzione Imu dell’abitazione principale. È invero del tutto evidente che, una volta disposta l’esenzione dell’abitazione principale anche dalla Tasi, a decorrere dal 2016, non vi era più ragione di mantenere in vita un tributo che si sovrappone in larghissima parte all’Imu. La modifica del 2016 non è stata del tutto indolore per i proprietari, atteso che su di essi viene a gravare la quota Tasi degli inquilini, nella maggior parte dei casi pari al 10% dell’imposta complessiva. In via generale, la disciplina della nuova Imu ricalca in larga parte le regole dell’Imu pregressa, ponendosi così in una linea di continuità con il passato. L’impostazione adottata appare condivisibile, seppure dimostri un difetto di fondo: per eccesso di continuità, la nuova imposta risulta frammentata in almeno tre corpi normativi (il Dlgs 504/1992, gli articoli 8 e 9 del Dlgs 23/2011 e la legge di Bilancio 2020), rendendo in questo modo non sempre di semplice soluzione i problemi interpretativi che inevitabilmente si porranno in fase di prima attuazione.

I beni soggetti a imposta

Il tributo colpisce i fabbricati, le aree fabbricabili e i terreni agricoli. Restano esenti l’abitazione principale e le fattispecie a essa assimilate. La nozione di abitazione principale non è cambiata rispetto al recente passato. Deve quindi trattarsi dell’unica unità immobiliare nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente, avente categoria catastale diversa da A1, A8 e A9. In caso di abitazioni principali disgiunte dei coniugi nell’ambito dello stesso comune mune, solo una di esse è esente da tributo. Si ricorda in proposito che, secondo la circolare 3/12 del Mef, la duplicazione di agevolazioni è invece ammessa in caso di residenze disgiunte in comuni differenti. Le unità pertinenziali esenti sono quelle aventi categoria catastale C2, C6 o C7, per un massimo di una unità per ciascuna categoria. Le fattispecie assimilate ope legis all’abitazione principale sono indicate nella legge, con elencazione apparentemente tassativa, e sono rappresentate:

  • dalle unità immobiliari delle cooperative a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari;
  • dalle unità immobiliari delle cooperative a proprietà indivisa destinate a studenti universitari assegnatari, anche in assenza della residenza anagrafica;
  • dai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, come definiti dal decreto ministeriale 22 aprile 2008 del ministro delle Infrastrutture, adibiti ad abitazione principale;
  • dalla casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, con provvedimento del giudice che costituisce il diritto di abitazione in favore dell’affidatario, ai soli fini dell’applicazione dell’Imu;
  • da un solo immobile non locato, posseduto dai soggetti appartenenti alle Forze armate, alle Forze di polizia, al personale dei Vigili del fuoco nonché a quello appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non occorre né il requisito della dimora abituale né quello della residenza anagrafica. A queste si aggiunge l’unica ipotesi di assimilazione per via regolamentare, rappresentata dall’unità non locata posseduta da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari, a seguito di ricovero permanente. Non è stata dunque riprodotta l’esenzione dell’unità immobiliare non locata né concessa in comodato dei titolari di una pensione estera, iscritti all’Aire (articolo 9 bis del decreto legge 47/2014). L’esclusione dovrebbe pertanto comportare l’assoggettamento a imposizione nell’ambito del nuovo tributo. Con riferimento alla nozione di area edificabile, si recepisce la definizione di carattere trasversale recata nell’articolo 36 del decreto 223/2006, che ritiene sufficiente allo scopo la mera adozione dello strumento urbanistico generale, anche in assenza di concrete facoltà edificatorie. Si conferma l’assimilazione al terreno agricolo delle aree edificabili possedute e condotte da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, incluse le società agricole, in base all’articolo 1, comma 3 del Dlgs 99/2004, qualora su di esse persista l’utilizzazione agro-silvopastorale. L’espressa menzione delle società agricole, non presente nella “vecchia” Imu, pone fine al dubbio interpretativo, da parte dei comuni, fondato sul fatto che le società agricole, in quanto tali, non sono iscritte alla previdenza agricola.

Le aliquote

Una novità di rilievo è che l’aliquota della nuova Imu può anche essere del tutto azzerata, salvo che per i fabbricati di categoria D. Sono previste aliquote specifiche per determinate fattispecie. Queste sono:

  • lo 0,1% per i fabbricati rurali strumentali;
  • lo 0,1% con facoltà di aumento sino allo 0,25%, per gli immobili merce non locati delle imprese costruttrici, che diventano esenti dal tributo a partire dal 2022;
  • lo 0,76% per i terreni agricoli;
  • lo 0,76% per i fabbricati D, per i quali resta confermata la quota riservata allo Stato pari allo 0,76%, con facoltà dei comuni di elevare tale aliquota e di ridurla sotto lo 0,76;
  • lo 0,86% per tutti gli immobili diversi da quelli sopra indicati. Salve le aliquote dei fabbricati rurali strumentali e degli immobili merce, l’aliquota può essere incrementata sino all’1,06. I Comuni che in passato hanno adottato la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille possono elevare l’aliquota massima sino all’1,14.

A decorrere dal 2021, le aliquote d’imposta potranno essere diversificate solo all’interno di una griglia di fattispecie individuate con un decreto delle Finanze. In questo modo, i contribuenti saranno agevolati nella comprensione e nella applicazione delle delibere locali.

Gli adempimenti

Sono dettate regole più precise per il calcolo dell’imposta. In aggiunta al criterio secondo cui il possesso che si protrae per oltre la metà del mese si computa come un intero mese, è ora stabilito che il giorno di acquisto si imputa all’acquirente e che, in caso di parità di giorni di possesso tra acquirente e venditore, nell’ambito dello stesso mese, questo si assegna per intero al primo. Si dispone innovativamente che, in caso di più comproprietari, ciascuno deve calcolare l’imposta dovuta sulla propria quota di possesso secondo le regole applicabili alle proprie condizioni oggettive e soggettive, anche per ciò che concerne le agevolazioni. Questo significa, tra l’altro, che non potrà mai accadere che le agevolazioni spettanti a uno dei contitolari possano estendersi agli altri. Il pagamento deve essere effettuato in due rate, il 16 giugno e il 16 dicembre. Il primo versamento riferito al 16 giugno 2020 è pari alla metà di quanto versato complessivamente nel 2019 a titolo di Imu e Tasi. Ritorna il vecchio termine del 30 giugno dell’anno successivo per la dichiarazione annuale, dopo che il decreto crescita lo aveva appena differito al 31 dicembre. In ogni caso, la vecchia dichiarazione Imu vale anche ai fini della nuova Imu, cosicché non sussiste un obbligo dichiarativo generalizzato, salvo che per gli enti non commerciali. Il tributo sui beni strumentali delle imprese e dei lavoratori autonomi è deducibile dal reddito nella misura del 60% per gli esercizi 2020 e 2021. A decorrere dal 2022, la deducibilità sarà integrale.